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NOTE STORICHE SULLA FAMIGLIA FONTI AFREDO

Nel 1800 le condizioni di vita nel Canton Ticino - in Svizzera - dal punto di vista economico, erano precarie.

Così scelta di molti fu quella di emigrare verso la vicina Italia e in vari paesi nel mondo, fino al Sud America e in Uruguay, dove infatti ci sono attualmente molti originari Svizzeri.

Il cognome Fonti è molto diffuso a Miglieglia, villaggio del Canton Ticino, adagiato alle pendici del Monte Lema. Pare che dal punto di vista etimologico derivi dalla parola "in fondo", utilizzata nella parlata locale per indicare gli abitanti che vivevano appunto in fondo alla valle. Qui le case qui venivano costruite in gran parte in sasso e con schegge di roccia, erano quindi molto costose per via dei materiali usati e ciò incentivava tanti abitanti a lasciare il paese per cercare altrove condizioni migliori.

Un’alternativa molto gettonata era quella di partire come mercenari per il Re di Francia e per lo Stato Pontificio e da qui la creazione del corpo di Guardia Svizzera in Vaticano. Nel prestare questo servizio, gli Svizzeri erano molto affidabili e corretti e di ciò vi è testimonianza sul monumento del "Leone ferito", che si trova a Lucerna, dove un’iscrizione in latino recita "Alla fedeltà e al coraggio degli Svizzeri", proprio per celebrare il coraggio degli oltre 600 soldati Svizzeri caduti in difesa del Re di Francia Luigi XVI (1754 - 1793).

Giuseppe Fonti, maestro a Miglieglia, a fine '800 decise pure lui di emigrare, in un primo momento in Africa, poi in Polesine a Grignano, dove costruì una fornace per la produzione di mattoni in terracotta. La buona qualità del terreno giocò a favore della scelta di fermarsi proprio qui.

Giuseppe ebbe 5 figli: Cleofe, Edoardo, Michele (medico condotto a Grignano), Alfredo e Federico. Morì nel 1924.
Il figlio Alfredo sposò Teresa Borsetti ed ebbe tre figli, Lucia, Giuseppe e Lia. La moglie Teresa morì nel 1950 per ictus. Alfredo costruì una fornace sotterranea a Ruina in provincia di Ferrara, ma in seguito alla morte del padre, nel 1924 tornò a Grignano per gestire la fornace principale. Morì nel 1925 per diabete (allora non si conosceva l'insulina!).

In seguito alla morte prematura di Alfredo, il figlio Giuseppe, iscritto all'Università di Bologna, preso dal tentativo di gestire la fornace, benché ancora studente e molto giovane, non concluse gli studi.
Teresa Borsetti, la madre, si rivolse al parroco di Grignano don Federico Donegatti, per consigli sulla gestione dell’azienda. Le fu consigliato il dott. Giuseppe Bellinello, laureato in Giurisprudenza, a cui fu affidata la gestione della fornace dal 1925 al 1939.
In questa stessa epoca avvenne la divisione dei beni ereditari, con l'aiuto di Cleofe e del marito capitano Bernardo Cambise.
A Giuseppe venne assegnata la fornace, a Lucia la casa grande, a Lia la campagna "il pregnoio" ed un terreno edificabile vicino alla piazza di Grignano (zona "case nove").

Gli altri figli del defunto Giuseppe Fonti (il capostipite), hanno seguito strade diverse: Federico fu proprietario dell'albergo "Regina Margherita", ma ben presto si ammalò di morbo di Addison (“tbc surrenale") e morì in ospedale a Zurigo. Sempre a Zurigo, si stabilì Edoardo che qui sposò la signora Berta (divorziata) e proprietaria di un albergo.
Il figlio di Edoardo Fonti, geometra, abitante a Grignano e cugino del giovane Giuseppe Fonti, emigrò a Lugano negli anni '30, dove divenne geometra del comune di Lugano e fu padre di Edoardo Fonti che vive tutt’ora a Lugano.
Attualmente abita a Rovigo in viale Regina Margherita, Biagina Raneri, figlia di Irma Fonti, a sua volta figlia di Edoardo fratello di Alfredo. 

I Fonti a Grignano, si sono sempre sentiti svizzeri. Durante il fascismo furono sottoposti a varie pressioni politiche perché diventassero italiani, ma rifiutarono.
Durante l'ultimo conflitto bellico (1940 - 1945) hanno issato sulla casa di via Giotto, dove sorge anche la fornace, la bandiera svizzera. Le truppe tedesche, nel limite del possibile, l'hanno sempre rispettata, con comportamento leale con i residenti svizzeri.

Curiosità: a Granzette di Rovigo c'era un'altra fornace Fonti, gestita sempre da svizzeri, ma tra i due rami Fonti (non parenti) non ci sono mai stati contatti o rapporti, neanche di tipo commerciale.